Sul Front National di Marine Le Pen: i rischi della Dediabolisation

french-politics-dediabolisation-L-BXkd1OLa Francia è scossa e l’Europa trema. Il Front National e Marine Le Pen hanno raggiunto il 24% nei sondaggi Ifop per le prossime elezioni Europee della Primavera 2014. Sarebbe inoltre in procinto di nascere una vera e propria famiglia politica antieuropeista, “federata” proprio dalla rampolla che guida da 3 anni il FN.

Trent’anni dopo le elezioni dell’84, quando la “banda del diavolo” del provocatore ex poujadista e petainista Jean Marie Le Pen raggiunse un sorprendente 10,95% uscendo dalle percentuali da prefisso telefonico (per usare un “grillismo”), il “partito dei francesi” guidato da sua figlia si presenta in gran salute, addirittura come prima formazione transalpina. Ma l’afflato populista non è un tema (o un problema) solo francese. Forti indiscrezioni raccontano come sempre più probabile la nascita della Grande Alleanza antieuropea tra la leader frontista e il “collega”di intenti il biondissimo anche lui (ma tinto) Geert Wilders, leader del partito PVV. Populisti di tutto Europa unitevi”, sembrerebbe il motto. Fantascienza o “momento storico”, per utilizzare le parole delle due superstar dell’estrema destra europea, l’accordo c’è ed è stato pubblicamente e mediaticamente sottoscritto all’Aia.

Torniamo Oltralpe però. Dediabolisation. Sembra questa la parola chiave dietro a questa storia tutta francese accolta come uno spettro a Bruxelles e nei paesi vicini. Qualcosa che in effetti sembra quasi un rituale di acqua santa con il diavolo. La parola non rende giustizia alla lingua italiana, ma la rende eccome alla semantica. Potremmo tradurla come “de-stigmatizzazione”. Il partito frontista per anni stigmatizzato come figura sempiterna e isolato politicamente dal cordone sanitario elettorale costruito da tutti i suoi concorrenti, ha intrapreso con la rampolla Le Pen un percorso di “normalizzazione” che passa per un abile quanto contraddittoria ricostruzione semantica del proprio messaggio politico

Giovane e telegenica, la 45enne Marine Le Pen è avvocato, ha divorziato ben due volte ed è madre di tre figli. Incarna in pieno la donna moderna e dinamica, lontana dallo stereotipo del “focolare domestico” delle referenze culturali fasciste. La “fifille”succeduta al trono dopo i 38 anni della leadership del padre, ha compreso che la via della modernizzazione è necessaria per allentare le maglie dell’isolamento e allargare il bacino del consenso e puntare all’Eliseo. In Francia comincia a piacere o a non dispiacere a più di qualcuno, che nel bene o nel male la ritiene protagonista del futuro politico francese, al quarto posto tra le personalità politiche (“cotés d’avenir”) secondo uno studio TNS Sofres per “Le Figaro”.

Il Front National del resto ha un disperato bisogno di superare le barriere della conventio ad excludendum imposte dal suo essere non coalizzabile per ottenere buoni risultati al secondo turno. Nel sistema maggioritario uninominale a doppio turno della “V Republique” le percentuali contano relativamente, quello che fa la differenza sono le strategie di alleanza al secondo turno. Tradotto in termini politici e concreti ciò significa l’abbandono dei toni provocatori e antisemiti del padre, famoso quello sull’Olocausto “dettaglio della storia”, presa di distanze dalla destra settaria e “gruppuscolare”, dal cattolicesimo intransigente. Marine Le Pen, France's National Front leader, speaks during a news conference the day after the first round of local elections at the party headquarters in NanterreOperazioni semantiche, mediatiche e ideologiche non facili per un partito radicale di estrema destra con referenti culturali xenofobi e razzisti. La normalizzazione passa proprio attraverso il rifiuto, più volte ribadito durante interviste e discorsi pubblici, di una categoria politica scomoda come quella di estrema destra, la più banale censura della simbolica fiamma tricolore dal “manifesto politico” e ancora la personalizzazione mediatica del leader federatore delle destre nel nuovo “Rassemblement Bleu Marine”

Ma soprattutto la ricostruzione del messaggio politico. E qui arrivano le contraddizioni, i famosi nodi che vengono al pettine. Come fare a mantenere la propria identità e allo stesso nasconderne i lati oscuri per diventare “frequentabili”? Marine Le Pen e i suoi hanno risposto con operazioni comunicative e semantiche tanto precise quanto contraddittorie (ma a quanto pare efficaci). Difensori dei francesi e dei valori laici della Repubblica minacciati dal comunitarismo islamico inassimilabile. Difensori persino di quelle minoranze come omosessuali ed ebrei che sono minacciate dall’Islam, protettori delle donne violate dalle minoranze magrebine. Questa operazione rivoluzionaria per un partito a forti tinte xenofobe ha del clamoroso, ma aldilà delle apparenze, nella sostanza è sufficiente per ottenere la “redenzione”? In realtà no perché il partito resta “estremista”e mantiene pressoché intatti i pilastri inquietanti della sua storia: il nativismo “differenzialista”, l’autoritarismo sociale, il populismo e la xenofobia.

Alla rimodulazione semantica si unisce il contesto sociale fecondo offerto dalla crisi. Il fallimento della “premiata ditta UMPS” (UMP e PS), che ricorda da vicino il nostrano “Pdl e Pdmenoelle” è continuamente spiattellato in faccia all’elettorato francese da parte di chi si definisce il vero “partito dei francesi”, adottando a tratti un programma socialista più estremo di quello del Front de Gauche, pur sempre mantenendo i riferimenti alla presenza nazionale. Il paragone sinistro con gli orientamenti nazionalsocialisti degli anni ’30 non è poi così azzardato. I nemici sono poi quelli di sempre per ogni formazione populista contemporanea: la globalizzazione, la troika europea delle banche e la finanza, le elite culturali dominanti che opprimono il popolo di chi paga il conto della crisi e di chi resta indietro

Queste strategie pagano dal punto di vista elettorale? Sembrerebbe di si. Aldilà dei sondaggi favorevoli, una prima risposta sembrano essere i risultati delle cantonali di Brignoles dove il candidato frontista Laurent Lopez, dopo un primo al 40,4% delle preferenze, si è imposto sulla candidata UMP, sebbene l’intero spettro politico della sinistra dal PS al Front de Gauche abbiano invitato il “fronte repubblicano” a fare quadrato contro la minaccia FN. Sebbene si tratti di sondaggi questa nuova strategia permette un’apertura in chiave di alleanze con il centro-destra repubblicano in modo da scalfire le barriere finora insormontabili dell’isolamento? Non è dato sapersi, ma qualche apertura recentemente c’è stata.

L’Europa. L’avanzata del FN per l’Unione è un rischio, perché il programma di Marine Le Pen, europarlamentare in scadenza, è fin troppo chiaro: fine dello spazio di Schengen, l’addio all’euro, il patriottismo economico e la superiorità del diritto nazionale sulle direttive europee. A chi le chiede se l’Europa si può riformare risponde: “L’Unione Sovietica si poteva riformare?”. Non meno “tenera” di Geert Wilders che parla di “stato nazista, il mostro chiamato Bruxelles”. “Dobbiamo ritrovare la sovranità territoriale, la sovranità monetaria, la sovranità di bilanci” è una delle premesse all’intenzione di federare tutti i movimenti politici europei fedeli a questa dichiarazione di intenti. E, sebbene eterogenei, in Europa sono tanti e tutti estremamente decisi.

Il rischio. La Francia che si affaccia al 2014 è un paese dove la crisi sociale ed economica morde appena un po’ meno rispetto ai malati d’Europa. La politica non è da meno: il centro-destra dell’Ump è dilaniato da lotte intestine non si dalla guerra fratricida tra Copé e Fillon e aspetta persino il ritorno di un illustre sconfitto come Monsieur Sarkozy, il partito socialista paga la crisi di consenso e la delusione della maggioranza socialista di Hollande incapace sinora di fornire linee guida univoche e risposte soddisfacenti alla crisi, funestati poi da scandali come l’affaire Cahuzac. Per un partito in un tale profilo l’attuale congiuntura offre un’occasione ghiotta e per l’Europa a dir poco pericolosa.

La storia ha insegnato che ogni volta che a Parigi la “terra trema”, le vibrazione si espandono con vigore in ogni angolo dell’Europa,“Il faut faire attention”, bisogna prestare attenzione.

Informazioni su Tullio Filippone

Nato a Palermo nell'89 della caduta del Muro di Berlino. Girovago, laureando alla magistrale di Scienze politiche alla Cesare Alfieri di Firenze e aspirante giornalista (passionaccia!). Mi piace la storia, seguo l'attualità, osservo la politica e ascolto Rock d'annata.
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2 risposte a Sul Front National di Marine Le Pen: i rischi della Dediabolisation

  1. GeertWilders4president ha detto:

    A sinistra le donne hanno accesso al partito grazie alla ‘cara’ affirmative action (non per niente i sinistri amano esasperare il fatto di avere dei neri o delle donne, meglio ancora se entrambe le cose, che lavorano nel loro partito, e più ce n’è meglio è), a destra le donne comandano e nessuno ci fa caso se a comandare nel tuo partito del cuore è una donna, un uomo e di che colore è la sua pelle (in molte cosidette ‘estreme’ destre ci sono anche dei neri).
    A noi di destra interessa il contenuto, non l’involucro.

  2. Tullio Filippone ha detto:

    Però nel caso Marine Le Pen bisognerebbe sottolineare che a proposito del contenuto è cambiato davvero poco. Le radici ideologiche e il programma sono in continuità con quelli di Jean Marie Le Pen. Lo stile comunicativo contribuisce ad ammorbidire i toni o “eufemizzare la xenofobia”, la grande capacità mediatica del leader a comunicare empaticamente con le massem, ma la sostanza sembrerebbe la stessa.

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